Il taglio dell’IVA segna un cambio di paradigma per il mercato italiano dell’arte: non solo uno stimolo economico, ma anche un messaggio politico e culturale

Nel luglio 2025 l’Italia ha introdotto e reso effettiva – e ci pare anche il caso di sottolineare finalmente – una misura che ha dato lustro al panorama artistico nazionale e internazionale: l’aliquota dell’IVA sulle vendite di opere d’arte è scesa dal 22% al 5%. Una riduzione che, secondo galleristi e analisti, ha restituito respiro a un comparto a lungo appesantito da una fiscalità poco competitiva rispetto ad altri Paesi europei come il nostro. L’annuncio, giunto in coincidenza con la trentaduesima edizione di Artissima a Torino, ha alimentato entusiasmo e nuove aspettative, trasformando la fiera in una sorta di laboratorio economico e simbolico per comprendere il futuro del collezionismo in Italia.

Artissima 2025 a Torino

Il successo della misura dipenderà dalla capacità del Paese di accompagnare la leva fiscale con politiche culturali lungimiranti, capaci di trasformare un vantaggio temporaneo in una vera rinascita del mercato dell’arte italiano

Perché la riforma è indispensabile

Fino all’estate 2025, il sistema fiscale italiano imponeva sull’arte un’aliquota tra le più alte dell’Unione Europea. In confronto, la Francia applicava il 5,5%, mentre la Germania si fermava al 7%. Tale squilibrio spingeva artisti, galleristi e acquirenti a spostare le proprie attività in Paesi con tassazioni più leggere, erodendo lentamente la centralità dell’Italia nel circuito culturale internazionale.

Le analisi della società Nomisma hanno mostrato come questa rigidità avesse indebolito la competitività del settore: le vendite interne diminuivano e molte transazioni si spostavano oltreconfine. L’allarme era stato lanciato anche da oltre cinquecento artisti in una lettera aperta, che denunciava il rischio di un “vuoto culturale” se non si fosse intervenuti tempestivamente.

Con la riduzione dell’IVA al 5%, l’Italia consolida la propria posizione come una delle destinazioni più competitive in Europa per investire in arte contemporanea. Torino, Milano, Roma e Venezia diventano poli strategici per collezionisti, gallerie e advisor internazionali che cercano un contesto fiscalmente favorevole e culturalmente vivace. La nuova misura non solo incentiva gli acquisti interni e l’arrivo di investitori stranieri, ma stimola anche la digitalizzazione del settore: piattaforme AI-based di analisi del mercato e algoritmi predittivi per la valutazione delle opere stanno trovando sempre più spazio tra le gallerie italiane. Questa integrazione tra innovazione tecnologica e politiche fiscali intelligenti posiziona l’Italia come un hub europeo dove arte, economia e intelligenza artificiale si incontrano per creare un ecosistema culturale sostenibile e all’avanguardia.

Effetti economici e ricadute previste

Gli studi pubblicati nei mesi precedenti al decreto hanno stimato un possibile incremento del fatturato delle gallerie e delle case d’asta di circa 1,5 miliardi di euro in tre anni, con un impatto totale sull’economia nazionale fino a 4,2 miliardi. In termini pratici, la nuova aliquota dovrebbe favorire un maggior scambio di opere, agevolare gli acquisti interni e rendere più competitivo il mercato italiano rispetto agli altri poli europei.

Secondo diversi consulenti fiscali, l’effetto più visibile non sarà solo la crescita del volume delle vendite, ma anche il ritorno di molti collezionisti che in passato preferivano comprare all’estero per evitare la pressione tributaria.

La 32ª edizione di Artissima ha incarnato perfettamente questa ventata di fiducia. Nel grande spazio dell’Oval Lingotto, 176 gallerie provenienti da 36 Paesi — di cui 73 italiane — hanno presentato progetti di artisti affermati e nuovi talenti.

Il direttore della fiera, Luigi Fassi, ha dichiarato che l’Italia ora “può finalmente competere alla pari” nel mercato europeo. Il pubblico è stato ampio e variegato: dalle nuove generazioni di collezionisti asiatici ai nomi storici del collezionismo italiano, come le famiglie Sandretto Re Rebaudengo e Bulgari. Le prime vendite, comprese tra 1.900 € e 17.000 €, hanno confermato un clima di fiducia nel mercato dell’arte e rinnovata vivacità.

Italia: l’IVA sull’arte scende al 5%. Artissima Torino rilancia il mercato, attrazione per collezionisti e gallerie internazionali

Italia: l’IVA sull’arte scende al 5%. Artissima Torino rilancia il mercato, attrazione per collezionisti e gallerie internazionali

L’impatto sui collezionisti stranieri

Nonostante l’entusiasmo generale, il vantaggio fiscale non è ugualmente percepito da tutti. I collezionisti stranieri, soprattutto quelli extracomunitari, restano soggetti a procedure doganali e normative specifiche legate all’esportazione delle opere. In molti casi, il beneficio dell’aliquota ridotta si applica solo a transazioni avvenute in Italia, non alle opere destinate all’esportazione immediata.

Ciononostante, esperti e consulenti internazionali segnalano che la misura sta rafforzando l’attrattività dell’Italia come luogo di acquisto: le spese di importazione e i costi logistici si riducono, e il Paese torna a essere un punto di riferimento per l’arte contemporanea e moderna. Alcuni collezionisti, provenienti da Asia e Medio Oriente, vedono nella nuova tassazione un’occasione per ampliare le proprie collezioni approfittando di un mercato più accessibile.

Sul fronte delle esportazioni, la riforma non ha modificato le norme di tutela previste dal Codice dei beni culturali, che continuano a imporre autorizzazioni e certificazioni per le opere con più di settant’anni o di particolare interesse storico. La riduzione dell’IVA semplifica le operazioni legate alle importazioni e agli acquisti intracomunitari, facilitando il flusso di opere tra l’Italia e gli altri Stati membri dell’UE.
Le gallerie più internazionalizzate considerano questo passaggio cruciale: un minor onere fiscale permette di reinvestire nella promozione all’estero e di accrescere la visibilità degli artisti italiani nei principali hub culturali.

Le gallerie italiane tra entusiasmo e prudenza

Le gallerie italiane, dopo anni di difficoltà e margini ristretti, accolgono la riforma come un segnale di rinascita. Per molte realtà medie e piccole, l’abbassamento dell’aliquota rappresenta la possibilità di rientrare nei circuiti di fiere e aste internazionali da cui erano state escluse per costi eccessivi.
Al contempo, non mancano voci prudenti: alcuni operatori sottolineano che la sola riduzione fiscale non basta a invertire decenni di disattenzione istituzionale. Servono interventi strutturali per semplificare le pratiche doganali, migliorare le infrastrutture espositive e sostenere la digitalizzazione delle gallerie.
Molte realtà stanno già sperimentando modelli ibridi: mostre diffuse, collaborazioni con fondazioni e strategie di vendita online. Il nuovo scenario fiscale, secondo diversi esperti, potrebbe accelerare questa trasformazione, incoraggiando un ecosistema più aperto e sostenibile.

Il quadro normativo e le esclusioni

La riduzione dell’IVA al 5% è entrata ufficialmente in vigore il 1° luglio 2025 e si applica alle vendite, importazioni e acquisti intracomunitari di opere d’arte, oggetti d’antiquariato e collezioni. Restano escluse le operazioni soggette al cosiddetto regime del margine, dove l’imposta si calcola solo sul profitto.
Il provvedimento si inserisce nel solco della direttiva europea (UE) 2022/542, che concede agli Stati membri maggiore libertà nell’adottare aliquote ridotte per determinati beni culturali, riconoscendo l’arte come un settore strategico per l’identità europea.

Resta da verificare se l’incentivo riuscirà a consolidare un sistema ancora frammentato, in cui la fiscalità agevolata convive con lentezze burocratiche e ostacoli normativi.
Per ora, le prime reazioni sembrano positive: le gallerie tornano a investire, i collezionisti riscoprono l’Italia come destinazione d’acquisto, e le fiere — da Artissima a Miart — si preparano a beneficiare di un nuovo ciclo di fiducia.


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