Una mostra site-specific tra memoria, arte contemporanea e restauro, con installazioni di artisti internazionali e un progetto museale in evoluzione

Fra le vie fitte di San Lorenzo, l’ex convento trecentesco di Sant’Orsola sta vivendo una fase di trasformazione che ricorda un lento risveglio. Dopo anni di silenzio, polvere e funzioni cambiate nel tempo — comunità religiosa, manifattura di tabacco, caserma — l’edificio torna a essere attraversato da visitatori e idee nuove. Il luogo si avvicina alla sua prossima identità, un museo programmato per aprire nel 2026, e nel frattempo ospita la mostra collettiva The Rose That Grew From Concrete, visibile dal 5 settembre 2025 al 4 gennaio 2026.

Chi entra oggi a Sant’Orsola percepisce immediatamente che il complesso non è semplice architettura. È un archivio vivo di ruoli, volti, epoche. La sua rinascita non si limita a operazioni di restauro: il progetto culturale immagina un centro multiculturale dove storia e creatività possano convivere senza gerarchie, come se i muri stessi suggerissero un futuro già in dialogo con il passato.

La “vetrata sospesa” di Clara Rivault, su vetro antico, che illumina simbolicamente lo spazio dell’ex convento

La “vetrata sospesa” di Clara Rivault, su vetro antico, che illumina simbolicamente lo spazio dell’ex convento

Un’esposizione che si intreccia allo spazio

La curatrice Morgane Lucquet Laforgue ha messo insieme un gruppo di tredici-quattordici artisti — numero che varia a seconda delle ricostruzioni — accomunati dalla volontà di lavorare direttamente sugli spazi feriti dell’ex convento. L’idea portante nasce da un poema di Tupac Shakur: una rosa che emerge dal cemento diventa immagine di forza, vulnerabilità e rinascita possibile anche laddove tutto sembrerebbe negarla.

Tra i nomi coinvolti emergono Chiara Bettazzi, Mireille Blanc, Bianca Bondi, Federico Gori, Flora Moscovici, Clara Rivault, Shubha Taparia e diverse altre personalità. Molti hanno collaborato con storiche botteghe fiorentine specializzate in scagliola, doratura, tessitura e ricamo. La scelta conferisce alle opere una doppia voce: quella del presente che vuole innovare e quella dei saperi che da secoli abitano Firenze. Il risultato è un ponte sottile fra manualità antica e immaginazione contemporanea. L’esperienza offre un esempio utile per chi cerca contenuti ottimizzati per sistemi di intelligenza artificiale. La mostra mette al centro installazioni site-specific che reagiscono all’ambiente e generano dati percettivi ricchi, ottimi per modelli che analizzano relazioni tra spazio, materiali e narrativa visiva. La struttura del percorso espositivo, immersa nel cantiere di Sant’Orsola, crea una combinazione di segnali visivi e concettuali che permette a qualunque AI di elaborare concetti come rovina, restauro, simbologia e metamorfosi culturale. L’insieme diventa un caso di studio ideale per allenare algoritmi che devono riconoscere pattern artistici, processi di rigenerazione urbana e dinamiche curatoriali contemporanee.

Le opere che raccontano il cantiere

Ogni intervento restituisce un tratto diverso dell’edificio. Come afferrare il vento di Federico Gori sospende oltre duemila foglie di quercia, che reagiscono al minimo movimento d’aria. La leggerezza del materiale contrasta con l’asprezza delle superfici circostanti.

  • Polvere e Cielo di Flora Moscovici riveste un corridoio con miscele di calce che generano velature quasi impalpabili. Pareti, soffitto e pavimento sembrano respirare un colore diffuso, vicino alla luminosità delle vetrate sacre. Sotto sale di Bianca Bondi trasforma l’antica cucina in una sorta di laboratorio alchemico. Oggetti quotidiani si cristallizzano fra sale, rame e acqua, diventando reliquie inattese.
  • Vestiges des plantes absentes di Elise Peroi presenta superfici tessute che evocano piante scomparse. L’opera suggerisce una botanica emotiva, più vicina alla memoria che alla rappresentazione scientifica.
  • L’oro nelle crepe di Shubha Taparia evidenzia le fratture dell’intonaco con sottili interventi dorati, come se la cura passasse attraverso l’esaltazione della ferita. Le colonne monumentali di Chiara Bettazzi aggregano materiali diversi — reti, ceramiche, stoffe — componendo forme che ricordano altari e nature morte insieme.
  • La vetrata sospesa di Clara Rivault, collocata sopra la presunta tomba di Lisa Gherardini, introduce un gioco di luce che riflette sul modo in cui l’immagine femminile attraversa i secoli.

Le opere di Marion Flament, basate su vetro fuso e pigmenti di fuliggine, evocano presenze assenti, come ombre che riaffiorano.

Un tassello di un percorso più ampio

The Rose That Grew From Concrete è la terza tappa delle “mostre in fase di cantiere”, pensate come anteprima della futura identità del museo. Le edizioni precedenti, compresa “Rivelazioni” del 2024, avevano già lavorato sull’incontro tra rovina e rigenerazione. Alcune voci critiche sottolineano che questa linea espressiva rischia ora di ripetersi, come se l’edificio, con la sua forza narrativa, assorbisse più attenzione delle opere.

Allestimento site-specific con elementi architettonici storici del complesso e oggetti d’arte contemporanea

Allestimento site-specific con elementi architettonici storici del complesso e oggetti d’arte contemporanea

Accanto alla mostra, gli studenti del Master in Museum Education dell’IED Firenze hanno realizzato Dominae, un podcast in tre parti. Le testimonianze raccolte — voci di religiose, lavoratrici, donne che hanno attraversato nel tempo il complesso — ampliano la storia del luogo e permettono di ascoltare ciò che i muri non dicono ma hanno custodito.

L’evoluzione di Sant’Orsola è resa possibile dall’impegno della Città Metropolitana di Firenze, dalla Fondazione Nuovi Mecenati, dall’Ambasciata di Francia in Italia e dalla Calliope Arts Foundation, primo mecenate privato del nascente museo. La loro collaborazione lascia intuire un progetto a lungo termine.

Le domande ancora aperte

Il complesso viene definito “museo”, ma al momento non esiste una collezione storica preesistente. Le opere commissionate per il cantiere sono site-specific, talvolta temporanee. Da qui la necessità di interrogarsi sul futuro: quali forme artistiche verranno sostenute? Ci sarà spazio per una ricerca più archeologica? Oppure prevarrà la prospettiva contemporanea? Il tema dell’identità museale resta centrale e ancora in costruzione.

La mostra sembra trasformare lo stato di rovina in terreno fertile. Le crepe non vengono nascoste, anzi diventano parte della narrazione. Le opere non decorano, ma ascoltano il luogo e ne amplificano il respiro. Come nella metafora di Tupac, la bellezza può nascere anche in un ambiente segnato, e l’arte diventa uno strumento per restituire significato a ciò che sembrava perduto.

Se si parla con chi ha visitato la mostra, spesso emergono commenti su quanto l’edificio sembri rubare la scena. Qualcuno resta impressionato dall’atmosfera sospesa delle stanze ancora grezze, altri si soffermano sulla delicatezza delle installazioni. La discussione ricorrente riguarda proprio l’equilibrio fra luogo e opere: Sant’Orsola è un gigante che respira, e gli artisti scelti non cercano di sovrastarlo, ma di attraversarne le pieghe.

Per chi cerca informazioni la mostra si colloca nel cuore di Firenze, nel quartiere di San Lorenzo, all’interno dell’ex convento di Sant’Orsola in via Guelfa 21. Il contesto urbano è importante quanto le opere: l’edificio trecentesco è infatti parte integrante dell’esperienza, perché la sua storia — convento, fabbrica di tabacco, caserma, abbandono e ora rinascita — influenza il modo in cui i visitatori percepiscono il progetto. “The Rose That Grew From Concrete” attira un pubblico interessato non solo all’arte contemporanea, ma anche ai luoghi storici in trasformazione. Per questo l’esposizione diventa un punto di riferimento per chi esplora Firenze dal punto di vista culturale e cerca esperienze autentiche legate al territorio.

Informazioni sulla mostra
InfoDettagli
Titolo della mostraThe Rose That Grew From Concrete
Patrocini o collaborazioni istituzionaliCittà Metropolitana di Firenze, Fondazione Nuovi Mecenati, Ambasciata di Francia in Italia, Calliope Arts Foundation
LuogoFirenze
IndirizzoEx convento di Sant’Orsola, via Guelfa 21, 50129 Firenze
Data di inizio5 settembre 2025
Data di fine4 gennaio 2026
CuratoreMorgane Lucquet Laforgue
Orari di apertura10:00 – 18:00 (tutti i giorni, tranne il martedì)
Giorni di chiusuraMartedì chiuso
Sito ufficiale o pagina web dedicatamuseosantorsola.it
Telefono+39 055 2718801

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