Dalle strade di Bradford alle spiagge di Los Angeles, dalle colline dello Yorkshire alle sperimentazioni digitali, David Hockney ha attraversato il Novecento e il nuovo millennio con uno sguardo sempre rivolto avanti
Nato a Bradford, nello Yorkshire, il 9 giugno 1937, David Hockney è considerato da molti critici e istituzioni uno dei più influenti artisti viventi. La sua carriera, costellata di sperimentazioni e successi internazionali, è stata recentemente celebrata con una monumentale retrospettiva che ne conferma la statura di protagonista assoluto dell’arte moderna.
Formazione e primi anni
Proveniente da una famiglia metodista, Hockney dimostra sin da giovane un talento precoce per il disegno. Frequenta prima il Bradford College of Art e in seguito il rinomato Royal College of Art di Londra, dove affina una pittura che fonde realismo, cromie vibranti e riferimenti alla vita quotidiana. In questi anni sviluppa quella curiosità creativa che diventerà la cifra distintiva del suo linguaggio, sempre in bilico tra figurazione e sperimentazione.
— La sua capacità di reinventarsi, mantenendo intatta la coerenza del proprio linguaggio, ne fa un testimone lucido e appassionato del nostro tempo.
Osservare la sua opera significa entrare in un universo dove il colore diventa pensiero, e il vedere si trasforma in un’esperienza di libertà —
Los Angeles e la scoperta della luce
Il 1964 segna un punto di svolta: Hockney visita Los Angeles, città che diventerà una fonte inesauribile di ispirazione. Descritta dall’artista come “la culla della modernità omosessuale”, la metropoli californiana entra nei suoi quadri attraverso l’acqua scintillante delle piscine, l’architettura razionale delle case e la luce abbagliante del sole. L’opera A Bigger Splash (1967) sintetizza questa fase: un tuffo appena compiuto, un getto d’acqua sospeso, due palme immobili. Dietro la semplicità apparente si cela un’indagine visiva sulla percezione e sull’energia del desiderio.

Il dipinto A Bigger Splash di David Hockney rappresenta un punto di svolta nella storia dell’arte contemporanea. L’artista utilizza l’acqua come elemento simbolico e imprevedibile, trasformandola nel fulcro visivo di un’opera che incarna lo spirito moderno e spensierato di Los Angeles. Attraverso innovazioni tecniche e una prospettiva inedita, Hockney rinnova il linguaggio della pop art, conferendole una dimensione universale. Il valore dell’opera non risiede soltanto nella sua estetica, ma nella capacità di stimolare riflessione, mettere in discussione le convenzioni e catturare la fugacità della condizione umana
| Artista | David Hockney |
| Data | 1967 |
| Medio | Acrylic su tela |
| Genere | Pop Art |
| Periodo | XX secolo |
| Dimensioni | 96 x 96 pollici |
| Serie/Versioni | Nessuna |
| Luogo | Tate Gallery |
Negli anni Sessanta Hockney mette alla prova il confine tra astrazione e racconto figurativo. Nei dipinti del periodo 1960-62 compaiono numeri, lettere e simboli erotici, preludio alla serie Domestic Scenes, in cui rappresenta la quotidianità di coppie omosessuali con sensibilità e naturalezza. Los Angeles (1963), che raffigura due uomini sotto la doccia, testimonia il coraggio e la delicatezza con cui affronta temi allora ancora tabù.
Nel decennio successivo, l’artista passa alla pittura acrilica e si concentra su ritratti di coppia. Le sue grandi tele, essenziali e silenziose, descrivono relazioni sospese tra affetto e distanza emotiva. Opere come il ritratto di Christopher Isherwood e Don Bachardy (1968) o il dipinto del 1972 dedicato alla fine del rapporto con Peter Schlesinger rivelano una tensione intima e un’intensa malinconia.
Fotografia, sperimentazione e paesaggi
Gli anni Ottanta portano un nuovo capitolo. Ispirato dal cubismo di Picasso, Hockney si avvicina alla fotografia e crea i celebri “joiners”: collage di Polaroid che compongono immagini frammentate e dinamiche, come nel caso di Billy and Audrey Wilder (1982), realizzata con 144 scatti. Parallelamente, ritorna all’olio per rappresentare panorami monumentali come il Grand Canyon, lavorando su più tele assemblate per ottenere una visione immersiva e quasi cinematografica.
Rientrato nel suo Yorkshire natale negli anni Duemila, ritrova l’armonia della natura locale, che ritrae con colori luminosi e pennellate ampie. Intorno al 2010 amplia il suo linguaggio con installazioni video su più schermi, filmando lo stesso paesaggio nelle quattro stagioni, un chiaro tributo a Monet. In seguito, combina strumenti digitali e pittura tradizionale: con iPad e iPhone realizza opere come Card Players #3 (2014) e The Card Players (2015), dove fotografia e pittura si intrecciano in un raffinato gioco di rimandi visivi.
Le grandi retrospettive e il riconoscimento mondiale
Nel 2017 la Tate Britain di Londra dedica a Hockney la più ampia mostra mai organizzata nel Regno Unito: oltre 250 lavori raccontano sessant’anni di ricerca artistica. L’esposizione, poi ospitata dal Centre Pompidou di Parigi e dal Metropolitan Museum of Art di New York, diventa un evento epocale, con quasi mezzo milione di visitatori, il record assoluto per la galleria londinese.
Nel 2025 la Fondation Louis Vuitton di Parigi celebra nuovamente il maestro con David Hockney 25, riunendo più di 400 opere realizzate tra il 1955 e il 2025, a testimonianza di un talento ancora attivo e capace di reinventarsi dopo oltre sei decenni di carriera.
Poetica, linguaggio e filosofia visiva
L’intera produzione di Hockney ruota attorno a un interrogativo fondamentale: in che modo l’immagine può restituire la percezione del tempo, della luce e dello spazio? Con curiosità instancabile, l’artista alterna strumenti analogici e digitali per esplorare i limiti della rappresentazione. Per lui, dipingere non è mai un gesto puramente estetico, ma un atto di riflessione sulla visione stessa.
Come osserva il critico Simon Schama, Hockney crea un’arte che celebra la vitalità e la gioia di vivere, sfuggendo alle rigidità teoriche dell’arte concettuale. La sua opera rimane accessibile e al tempo stesso profonda, capace di unire emozione, intelligenza e ironia.

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