Ci sono dipinti celebri come il prototipo del mito visivo di Sissi realizzato da Franz Xaver Winterhalter: rappresentazioni sensuali ed eleganti, fra abiti di corte, chiome fluenti e pose regali

Immagina una sala silenziosa di un palazzo viennese: candele tremolanti, stoffe pregiate, il fruscio di abiti lunghi. Al centro, su una parete, un grande dipinto domina la stanza — ritrae una giovane donna dal volto gentile e dallo sguardo intenso, vestita di bianco, con una chioma castano‑ramata che scende come un velo lungo fino a terra. È il ritratto di Sissi realizzato dal pittore Franz Xaver Winterhalter, una delle immagini più celebri del XIX secolo.

Quel quadro — oggi riscoperto e tornato a essere di moda grazie al cinema grazie a “Frankenstein” di Guillermo del Toro — non è solo una rappresentazione di bellezza aristocratica: cattura l’equilibrio precario di una donna intrappolata dal ruolo, ma affamata di libertà. Nella recente reinterpretazione cinematografica, la scena dove l’attrice Mia Goth — che interpreta un personaggio femminile — appare in una scena “bridal/sposa” con un abito bianco e lunghi capelli castano‑ramati sciolti, la sua composizione visiva ritenuta molto simile al celebre ritratto di Sisi realizzato da Franz Xaver Winterhalter.

©Netflix/Courtesy Everett Collection

©Netflix/Courtesy Everett Collection

La figura sullo schermo richiama in modo quasi inquietante quella del ritratto, omaggio che ha riacceso l’interesse per Sissi, non più solo simbolo di grazia e ricchezza, ma icona fragile, tormentata, umana.

Franz Xaver Winterhalter, Empress Elisabeth of Austria With her Hair Down (1864).

Franz Xaver Winterhalter, Empress Elisabeth of Austria With her Hair Down (1864).

La manifattura dei costumi e la preziosità degli accessori del film hanno contribuito a rafforzare l’aura mitica del personaggio di Elizabeth, catturando l’attenzione del pubblico. Tra i commenti sul look, si segnala quello che evidenzia come la chioma ramata di Mia Goth diventi protagonista della scena in cui il personaggio si prepara per le nozze, evocando il celebre ritratto di Elisabetta d’Austria dipinto da Franz Xaver Winterhalter nel 1865. L’attrice riprende la posa e l’impostazione del quadro, creando un parallelismo concettuale oltre che estetico, con un effetto di sospensione tra realtà e idealizzazione, mistero e vulnerabilità.

Il risultato è reso possibile anche dal lavoro del reparto capelli, guidato da Cliona Furey, e dalla parrucca di @staceywigs, che ricreano un’acconciatura regale in linea con l’estetica ottocentesca, dialogando con la tradizione del ritratto aristocratico europeo. Parallelismi simili si riscontrano anche in opere come Lady Lilith (1867) di Dante Gabriel Rossetti, dove una donna pettina i capelli con uno sguardo sospeso e inquieto, riflettendo la stessa attitudine mostrata da Elizabeth nel film.

L’abito da sposa, insieme al guardaroba di gioielli e tessuti ispirati a pietre preziose come la malachite, contiene una simbologia complessa, rappresentando al contempo tenerezza, istinto materno, passione amorosa e il destino della Creatura, vero destinatario della scena nuziale. Il corsetto e i dettagli sartoriali evocano simbolicamente la gabbia toracica e la fragilità del corpo, che emergono nel climax della scena attraverso lo strappo dell’abito e il lento macchiarsi di sangue, richiamando il concetto di sofferenza presente ne La colonna spezzata di Frida Kahlo.

Nel complesso, il film dimostra come cinema, moda e storia dell’arte possano intersecarsi, creando un immaginario stratificato che combina estetica, anatomia e drammaticità emotiva, sottolineando la fragilità e il coraggio del personaggio.

Dalle sponde del Lago Starnberg alla crinolina di corte: l’infanzia libertaria

Elisabeth nacque il 24 dicembre 1837 a Monaco di Baviera, figlia del duca in Baviera e della duchessa Ludovika. Fu cresciuta in un contesto insolito per una nobildonna: la famiglia possedeva una villa sul lago Starnberg e passava l’estate in mezzo alla natura, lontana dal rigido protocollo di corte. Sissi insieme ai fratelli correva nei boschi, andava a cavallo, nuotava, viveva libera. Suo padre credeva nell’educazione all’aperto e nel contatto con la gente “comune” — un anticipo di modernità e semplicità che avrebbe segnato tutta la sua vita.

Quella infanzia — fatta di libertà, movimento, natura — rimase per lei un ricordo dolce e irrinunciabile. Quando, adolescente, fu chiamata a corte per sposare il giovane imperatore Franz Joseph I, a 16 anni, iniziò per lei un’involuzione: dall’aria aperta dei boschi a una dimora fatta di regole e imposizioni, dove la vita quotidiana si misurava in etichette, sguardi, doveri.

La doppia vita di un’imperatrice che non lo voleva essere

La corte viennese non fu mai casa per Sissi. Subito dopo il matrimonio, la giovane imperatrice si trovò costretta a un ruolo che non le apparteneva. La suocera, l’arciduchessa, prese in mano l’educazione e la cura delle figlie, relegando Elisabeth a un ruolo marginale. Spesso sola nell’immensità del palazzo, con un marito preso da affari di Stato e un’attesa di doveri che la soffocava, Sissi sprofondò nella malinconia.

Eppure la sua anima ribelle sopravviveva: coltivava interessi poco condivisi dalla corte — leggeva, scriveva poesie, studiava lingue, viaggiava. Trovava sollievo nei lunghi viaggi e nelle fughe verso residenze più familiari o remote, cercando ovunque un residuo della libertà che aveva conosciuto da bambina.

Il “corpo‑opera” e la bellezza come arma e prigione

Il celebre ritratto di Winterhalter non è un accidente: riflette una scelta — quasi strategica — di immagine. Sissi aveva compreso che la sua esile figura, la sua altezza (si dice intorno a 1,72 m) e soprattutto la sua chioma fluente le avrebbero dato un potere visivo.

Franz Xaver Winterhalter, autoritratto

Franz Xaver Winterhalter, autoritratto

Ma quella bellezza richiedeva sacrifici. Per tenere la vita avente corpo in un ideale quasi irraggiungibile, Sissi seguiva regimi rigidi: dieta severa, corsetti strettissimi, esercizi fisici costanti. Alcune fonti parlano di vestiti talmente stretti da comprimere la vita a misure minime, e di ore quotidiane dedicate alla cura del corpo e della chioma.

I suoi lunghi capelli, che tanto l’hanno resa famosa, erano per lei un’ossessione quotidiana: lunghi fino alle caviglie, richiedevano ore di acconciatura e cura. In quegli stessi gesti, tra pettini e specchi, si nascondeva la tensione di una donna che cercava un’identità — tra dovere e desiderio di sé.

Winterhalter e l’alchimia del ritratto: quando la pittura crea un’icona

Franz Xaver Winterhalter era uno dei ritrattisti più richiesti d’Europa: corti di Versailles, Londra, Mosca, Vienna chiedevano i suoi pennelli. Ma quando ritrasse Sissi, egli fece molto più di una semplice immagine: costruì un mito.

Winterhalter possedeva un talento straordinario nel rendere le stoffe, le luci, i tessuti, le acconciature. I suoi ritratti non erano freddi esercizi aristocratici, ma vere “fotografie pittoriche” — capaci di comunicare sensualità, potere, vulnerabilità. Nel caso di Sissi, l’artista riuscì a tradurre su tela non solo un volto, ma un intero universo: quello di una donna in bilico fra l’esigenza di mostrarsi regale e il desiderio disperato di restare viva.

La galleria di ritratti che ne derivò — abiti di gala, corone di diamanti, veli leggeri — contribuì a trasformarla da sovrana asburgica in un’icona universale di bellezza, fascino e struggente solitudine.

Dalla gloria alla tragedia: esilio, dolore e morte

Con il tempo, le perdite e i drammi personali segnarono profondamente Sissi. Il suicidio del figlio, il crescente isolamento, l’animo instabile: l’imperatrice si ritirò sempre di più dal mondo. Le dimore imperiali — palazzi, ville, castelli — divennero per lei rifugi temporanei, tappe di un pellegrinaggio continuo verso l’oblio della corte.

Alla fine, la sua vita si concluse in tragedia: il 10 settembre 1898, mentre a Ginevra era in viaggio, fu assassinata da un anarchico italiano, Luigi Lucheni. Quel gesto violento — privo di un odio personale verso di lei — sancì definitivamente la trasformazione di Sissi da persona reale a leggenda, da imperatrice a mito immortale.

Oltre il ritratto: Sissi come simbolo e riflesso dei propri tempi

Oggi, Sissi persiste non solo come soggetto di ritratti o biografie, ma come archetipo. Una donna che ha cercato di modellare la propria immagine, usando la bellezza come voce — e talvolta come scudo. Una sovrana che non si riconosceva nel ruolo prefabbricato della corte, che desiderava la natura, i viaggi, il vento tra i capelli più di troni e ricevimenti.

È forse questo il segreto del suo fascino duraturo: Sissi rappresenta il conflitto tra apparire e essere, tra apparenza e autenticità, tra imposizione e libertà. Il suo volto — dipinto o fotografato — appare come un enigma: tanto desiderabile quanto irraggiungibile, tanto reale quanto immaginato.

E il ritratto di Winterhalter — quella schiena elegante, quei capelli sciolti, quell’abito bianco — continua a parlare. Come un invito a guardarci dentro, a chiedere: quanto della nostra immagine è scelta da noi, e quanto ce l’ha imposta il mondo?


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